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Emanuela Barreri
Rapporto vita- lavoro da equilibrare

EUTEKNE PROFESSIONI

Rapporto vita-lavoro da riequilibrare

La libera professione ha il grande vantaggio di poter organizzare il proprio tempo, ma per poterlo fare è necessario capire le priorità e saper delegare

Emanuela BARRERI

 

Di equilibrio vita-lavoro se ne è sempre parlato e tutti sappiamo che è importante avere del tempo per noi e per i nostri cari, per recuperare energie e stare bene.

Però la pandemia ci ha cambiati, abbiamo preso coscienza che parlare di equilibrio vita-lavoro non può essere ridotto a sole parole o a buoni propositi. Abbiamo capito che la vita è una sola e la morte può essere dietro l’angolo, inaspettata.

Abbiamo toccato con mano che non è così sicuro che se ci comportiamo bene e facciamo tutto quello che dobbiamo fare poi finisce bene. Le carte in tavola sono state mescolate e l’inaspettato fa capolino cambiando gli scenari che ci eravamo prefigurati, minando le nostre sicurezze. Tutto ciò ha un impatto significativo sulla salute psicologica delle persone, perché è cambiato il senso di vita e di morte. È cambiata la gerarchia dei valori e di conseguenza viene messo in discussione il modello di lavoro a cui eravamo abituati.

I giovani l’hanno capito prima di noi, per loro è chiaro il principio YOLO, you only live once, si vive una volta sola. E l’applicazione pratica di questo principio sono le great resignations, le grandi dimissioni, il lasciare il lavoro anche se non si ha un altro lavoro. Senza preoccuparsi per il futuro perché è più importante il presente. Per poter stare meglio e vivere meglio.

I giovani hanno chiaro che vivere bene è troppo impor- tante, e anche i meno giovani lo stanno capendo. Se non si presentano le dimissioni si decide per il quiet quitting, l’abbandono silenzioso, il non farsi coinvolgere dal lavoro facendo il minimo indispensabile, in una sorta di apatia che fa sì che tutte le energie vitali siano destinate al tempo libero e lasciando al lavoro il tempo strettamente necessario per avere lo stipendio, sen- za far straordinari o impegnarsi più di tanto.

Lavoro e carriera non sono più una priorità, non c’è più la passione per il lavoro e tutto è all’insegna del minimo dovuto.

Questi fenomeni sono iniziati in America ma ormai anche in Italia e nei nostri studi è sempre più difficile trovare personale, sia come lavoratori dipendenti sia come collaboratori o praticanti. E la maggior parte del personale che abbiamo non è più disposto a lavorare con i ritmi a cui eravamo abituati ante pandemia e che spesso abbiamo ripreso senza farci domande.

Con ogni probabilità anche noi non abbiamo più vo- glia di lavorare come prima o come durante la pande- mia, anche per noi sono cambiate le prospettive e no- stri desideri. Abbiamo voglia di apportare modifiche alla nostra vita personale e professionale ma la paura di cambiare rotta ci blocca e ci impedisce di agire.

 

Preferiamo farci trascinare dalla corrente del cambia- mento che comunque ci viene imposto perché abbiamo paura di perdere clienti, di non sapere fare altre co- se, di spostarci dalla nostra “zona di comfort” in una zona che non conosciamo. Vogliamo continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, possibilmente nel modo in cui lo abbiamo sempre fatto. Senza renderci conto che intanto il mondo intorno a noi sta cambiando e se non agiamo scegliendo noi la rotta subiremo passivamente questi cambiamenti.

È quindi il momento di riappropriarci della nostra vita e, perché no, anche della nostra professione. Riequilibrando il rapporto vita-lavoro, ritrovando dei ritmi la- vorativi che abbiano un senso, riorganizzando le nostre priorità. Passando dal pensiero all’azione, facendo piccoli passi alla volta ma cominciando ad agire.

La  prima  domanda  da  farsi  è:  “Quale  vita  voglio

vivere?”. Non c’è una risposta giusta e una sbagliata. Ci sono tante risposte, tutte giuste perché sono le risposte di ognuno di noi. Ma per farsi questa domanda bi- sogna dedicare del tempo a noi stessi, per vedere dove siamo e dove vogliamo andare, che cosa vogliamo fare, come stiamo usando il nostro tempo, quale è la qualità del nostro tempo.

Dobbiamo fermarci e pensare, prenderci degli spazi. Reintrodurre la vita staccando la testa dalle nostre ore di lavoro, trovando lo spazio per curare l’alimentazione, fare sport, coltivare un hobby, tenere un diario, danzare, dipingere o fare qualsiasi altra cosa che ci faccia rilassare.

Spesso la parte più difficile è non sentirsi in colpa peraver preso del tempo libero, per aver “rubato” del tempo al lavoro. Bisogna iniziare e tenere duro, parlarne con qualcuno, se necessario farsi aiutare.

E la seconda domanda è: “Quale professionista voglio essere?”

La libera professione ha il grande vantaggio – o svantaggio, se lavoriamo troppo non riusciamo a percepirlo

– di poter organizzare il proprio tempo. Ma per poterlo fare è necessario capire le priorità, saper delegare, distinguere tra occuparsi e preoccuparsi, accettare di sbagliare, sapersi organizzare, dire dei no ai clienti che non ci pagano o che sono troppo esigenti e tanto altro. Anche in questo caso spesso la parte più difficile è non sentirsi in colpa perché non si è fatto abbastanza o perché ci sembra che gli altri siano più bravi.

Non c’è una risposta giusta e una sbagliata, ognuno sceglierà il professionista che vuole essere e ci sarà sempre la possibilità di cambiare e migliorare.

 

Eutekne info – Sabato 4 febbraio 2023 – RIPRODUZIONE VIETATA